SILENTE - I TANGHERI Il tango.Già, il tango. Perché è da lì che si parte. Ma che cosè il tango in un disco così? E tutto meno che paccottiglia per turisti e oleografica riproduzione di una Buenos Aires che non cè più. E il giardino dal quale i Tàngheri sono partiti alla ricerca di altre fonti alle quali abbeverarsi per non lasciar seccare lalbero della tradizione. Come si suol dire, altri orizzonti. E in questo giro si sono riportati tutto a casa, tutto quello serviva per far di nuovo fruttificare lalbero. Direbbe il custode della tradizione pura e intoccabile che ora quell albero non dà più gli stessi frutti di una volta. Certo che no, ma ormai sembrava non poter più dare frutti del tutto. Ben venga quindi lopera dei Tangheri che fanno tango e sembrano non farlo e ben venga la loro musica così ricca ed energetica, pulsante e vitale in ogni singola nota che sarebbe un peccato non ascoltare. Occhio quindi, che qui non si tratta di far indossare al tango il vestito nuovo e chiamarlo contaminazione. Qui cè in gioco la creatività. Possiamo parlare di Volver, la cui immortale melodia, frantumata prima in mille rivoli iridescenti, emerge e poi si distende come un caldo mantello. Possiamo parlare della indispensabile vena ironica che si manifesta ora nei titoli impedibile nella nostra lingua Cè Guevara? No, non Che!, brano peraltro dolcemente malinconico ora nelle incontenibili composizioni del trio come Freakikkio, Pango, En Mi o leponimo Silente. Brani che hanno davvero un tiro pazzesco e sulle cui ritmiche propulsive e instancabili Abbracciante con la sua fisarmonica si muove come un bandito, ora rapido e fulmineo, ora calmo e sardonico. Ho detto di un trio, formato da Davide Penta al contrabbasso, Antonio Di Lorenzo alla batteria e Vince Abbracciante a fisarmonica e bandoneòn, tutti anche compositori. Ma a questa formazione base si aggiungono il cantante Rocco Capri Chiumarulo - efficacissimo quando chiamato in causa - e Marc Ribot alla chitarra, sul quale forse due parole in più andrebbero spese. Fermo restando che il progetto di rivitalizzazione del genere, di allargamento dei confini e di inglobamento di altri linguaggi è pienamente riuscito oltretutto innalzando sensibilmente il già buon livello del precedente Historias del Sur, segno di maturità acquisita e che tutto questo va ascritto in toto ai Tangheri propriamente detti, la presenza di Ribot aggiunge un qualcosa in termini qualitativi. Libero di agire, fornisce lappropriato supporto chitarristico, spaziando a 360 gradi con competenza e sensibilità. Linterazione con il gruppo è perfetta e la sua prestazione, ben lungi dallessere un semplice cammeo da guest star, contribuisce non poco alla riuscita di un disco bellissimo. In coda, al termine del CD, lo spirito di Piazzolla fa capolino, trattato anche lui da tànghero, ed è ancora tripudio per le nostre orecchie. Recensioni CD - Renato Belardinelli |