I compositori che ci hanno provato lo dicono: è facile far funzionare un quartetto d'archi con una fisarmonica, così come anche le diverse percussioni con una o più fisarmoniche; poi, i differenti duetti con i vari fiati risultano tutti sempre molto efficaci, similmente la fisarmonica con la voce o anche con il coro E tutti sono altrettanto d'accordo nel sostenere che il duo fisarmonica e pianoforte sia qualcosa di "difficile", un incastro complicato, qualcosa a cui prestare attenzione perché rischioso. Evidentemente Nicola Campogrande ha del coraggio. Nel booklet, furbescamente, egli ha cercato di captare la benevolenza degli ascoltatori parlando di "partner assurdo" o "coppia bizzarra". Ne deduco, e sono sempre convinto che la fisarmonica faccia paura ai compositori. Le "danze del riso e dell'oblio" affrontano la montagna da scalare dal versante più impervio: quello della soavità, dello scambio di ritmi e di melodie, dell'intrigante gioco del "si vede e non si vede", del sognare ad occhi aperti e del viaggiare nel tempo magicamente. Sarebbe stato facilissimo scrivere mille note a pagina per dei virtuosi di razza come i pianisti ed i fisarmonicisti. Invece, per eseguire questa "macro-suite" di omaggio alla danza, i bravissimi Alberto Fantino e Antonio Valentino non hanno gareggiato in velocità come i bolidi di Indianapolis, bensì sono stati chiamati ad un lavoro di cesello, alla cura dei minimi dettagli sempre nella in una dimensione di continuo trasporto per non dire onirica. L'immaginazione e la fantasia, ecco cos'è stimolato dall'ascolto di questo disco. Direi che si tratta proprio di un risultato straordinario. Ultima precisazione, la parte della fisarmonica è stata scritta per uno strumento a Bassi standard senza impiegare un'estensione superiore alla normale tastiera tradizionale (41 tasti). Vale a dire: tutti possono suonare le "danze del riso e dell'oblio" se vogliono e, per chi non lo avesse ancora capito, la buona musica non ha nulla a che fare con la quantità delle note. |