Accordions Worldwide Celebrity Interview, Corrado Rojac, Italy
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Celebrity Interview Corrado Rojac: la fisarmonica da concerto protagonista del pensiero musicale contemporaneo


Q: Corrado, nel tuo curriculum ti presenti quale uno dei fisarmonicisti italiani più importanti. Ci illustreresti le tappe fondamentali del tuo iter concertistico che lo giustificano?
A: La mia attività concertistica nasce dal presupposto che la fisarmonica sia uno strumento da concerto al pari degli altri strumenti della tradizione musicale occidentale, quali il pianoforte o il violino, per esempio.

Oggi è effettivamente così, ma ai tempi dei miei esordi, negli anni Ottanta, la presenza del nostro strumento nelle sale da concerto era ancora una rarità. Penso sia grazie alla mia frenetica attività concertistica, e a quella di alcuni colleghi, che la fisarmonica sia a poco a poco entrata anche negli ambienti della musica classica. I miei concerti hanno sempre presentato lo strumento secondo un taglio antologico: ho tentato, infatti, di far conoscere al pubblico la migliore letteratura seria per fisarmonica.

Mi riferisco alle composizioni nate dagli anni Cinquanta, attraverso gli sperimentalismi degli anni Sessanta, fino all'esplosione creativa che coinvolge il repertorio per fisarmonica negli anni Ottanta e Novanta. Citerei, tra le prime, per quanto riguarda l'Italia, Introduzione e fuga (1959), di Felice Fugazza, o la Sonata (1944) di Nikolaj Cajkin, per quanto riguarda la letteratura dell'ex Unione Sovietica, o, ancora, Paganiniana di Hans Brehme, per citare un brano fondamentale del repertorio fisarmonicistico di area tedesca, sempre degli stessi anni.

Ma, nei miei programmi da concerto, non sono mancati gli autori che hanno tentato di rinnovare il linguaggio fisarmonicistico, quali Vladislav Zolotariev e la sua Partita (1968), o quelli che hanno introdotto lo strumento al centro delle problematiche del pensiero musicale d'avanguardia, e qui devo citare Per Nørgård e il suo Anatomic Safari (1967) o il De profundis (1978) di Sofia Gubajdulina. Episoden, Figuren di Mauricio Kagel o Feria IV di Franco Donatoni sono storia recente. Recentissimi sono invece Acrylic mixtures II (2005) di Luigi Manfrin o Trittico (versione 2006) di Alessandro Solbiati, che ho presentato in prima esecuzione al Teatro Bibiena di Mantova per Mantova Musica Contemporanea nel 2006, o Rhapsody 21 di Giuseppe Giuliano, che ho presentato all'Università statale di Milano per La musica e il bene nel 2007, o Shift di Gianluca Verlingieri, che ho eseguito nel giugno 2008 all'Accademia filarmonica di Bologna, e che rappresentano le mie ultime fatiche per quanto riguarda le prime esecuzioni da solista.

Grazie ai pezzi di Gubajdulina e Kagel sono riuscito ad inserirmi, per la prima volta, in importanti appuntamenti musicali, quali la Biennale di Zagabria o l'Istituzione universitaria dei concerti di Roma. Ricordo Zagabria con tenerezza, all'epoca suonavo nel Chromas ensemble di Trieste, gruppo nato in seno all'omonima associazione, la quale mi aveva spianato la strada concertistica nella doppia veste di violoncellista e fisarmonicista. Probabilmente senza l'incontro con il direttore artistico dell'associazione, Giampaolo Coral, che mi aveva impartito anche qualche lezione di composizione, non avrei capito a fondo l'importanza della musica contemporanea.

Il concerto all'Aula magna dell'Università La sapienza di Roma (Istituzione universitaria dei concerti) faceva invece parte della mia collaborazione con il Divertimento ensemble di Milano, grazie alla quale ho introdotto la fisarmonica anche in altre stagioni musicali di prestigio, quali Bologna Musica, o le Settimane Musicali Senesi. Ho conosciuto il direttore del gruppo milanese, Sandro Gorli, al Conservatorio di Milano, dove mi sono diplomato in composizione qualche tempo fa.

L'attività nel campo della nuova musica mi ha fatto conoscere anche Azio Corghi, che mi ha invitato, nel 2003, al suo Laboratorio di Composizione dell'Accademia Chigiana. Fu la prima volta che la fisarmonica appariva tra gli strumenti protagonisti del concerto finale. L'attenzione che lo strumento suscitava nell'ambiente della musica contemporanea fu quindi suggellata definitivamente da una delle istituzioni musicali italiane più prestigiose; quella sera fui protagonista di tre prime esecuzioni in cui la fisarmonica appariva sia nelle vesti solistiche, sia in trio con violino e percussioni, e sia in quintetto con clarinetto, violino, violoncello e percussioni. Il tutto fu trasmesso da Radiotre. Da allora ho l'impressione che la fisarmonica sia più presente nelle programmazioni radiofoniche: il mio cd è stato trasmesso più volte, anche dalla stessa Radiotre.

Q: Sei diplomato in violoncello, pianoforte, fisarmonica e composizione. Perché studiare così tanti strumenti?
A: Ho iniziato a studiare fisarmonica all'età di sette anni, poiché a casa, di tanto in tanto, la suonava mio padre. Il violoncello ed il pianoforte sono arrivati qualche anno dopo, quando scoprii di amare molto la musica e pensai di tentare la strada del direttore d'orchestra. Ma il bisogno, direi vitale, di suonare, ha deciso diversamente. La composizione, invece, ha sempre rappresentato, per me, il momento creativo più alto, per un musicista: era impossibile sottrarsi.

Nel frattempo ho iniziato a insegnare fisarmonica in conservatorio (nel 1994 ero uno dei primi insegnanti di tale materia presso un istituto statale) e l'attività violoncellistica è stata bruscamente interrotta dagli obblighi d'insegnamento. La ferita si sta lentamente rimarginando. E' molto doloroso abbandonare uno strumento che si ama. Per fortuna amo moltissimo anche insegnare.

Q: Come si concilia l'attività di docente con il concertismo?
A: Penso sia importante che il docente di strumento sia un buon concertista. La migliore lezione è l'esempio, per l'allievo: sentir suonare il proprio insegnante, a lezione, rende superflua qualsiasi spiegazione. Si comunica con la musica; in un secondo momento, possono venire anche le parole. E' il primo insegnamento del mio maestro di violoncello, Libero Lana, che ricordo con grande ammirazione.

E' anche vero che il metodo d'insegnamento va aggiornato continuamente: considero di fondamentale importanza un testo di Willems, l'Orecchio musicale, dal quale si ramifica una vera e propria corrente di pensiero didattico e che ha sicuramente influito sul mio modo di insegnare in misura considerevole.

Q: Prima hai citato alcune tue prime esecuzioni da solista. Ultimamente hai affrontato anche qualche prima esecuzione nell'ambito della musica da camera?
A: Sì. Ritengo molto importante il concerto tenutosi in febbraio al Teatro comunale di Bologna per la stagione Fontanamix. Il programma prevedeva due prime esecuzioni: Fremiti fermi, di Paolo Perezzani, per violino, chitarra e fisarmonica, e Gliphozoo, di Maurizio Pisati, per lo stesso organico, con l'aggiunta di computer tape. Il violinista è stato Valentino Corvino, la chitarrista Elena Càsoli.

Si tratta di due brani abbastanza diversi: il primo potrei descriverlo come il manifestarsi di un'intima necessità espressiva, che però fatica a farsi strada attraverso il silenzio, anzi, la presenza del silenzio sembra dominarla - non a caso Paolo Perezzani si è formato sotto la guida di Salvatore Sciarrino; il secondo nasce da presupposti più giocosi, poiché si potrebbe descrivere come la messa in scena musicale di una serie di mostriciattoli inventati dall'autore - essi sono però creature del segno, quindi corrispondono ad un atteggiamento compositivo, e la lettura del brano può essere anche molto più profonda.


Q: Ti manca quindi ancora una prima esecuzione nell'ambito sinfonico…
A: Sono stato esaudito anche in questo. In aprile ho infatti preso parte quale fisarmonicista di scena alla prima rappresentazione de Il carro e i canti, opera in un atto di Alessandro Solbiati, che si è svolta al Teatro Verdi di Trieste. E' stata un'esperienza entusiasmante, mi sembrava di essere uno dei protagonisti della vicenda, al quale era stata tolta la voce in virtù della fisarmonica.

Il soggetto è tratto da un racconto di Puškin, e descrive una festa che alcuni amici hanno deciso di organizzare in tempo di peste, per esorcizzare il clima angoscioso che li circonda. Ma non risolvono il problema… La fisarmonica introduce, sin dalle prime battute, all'atmosfera opprimente del racconto, come risvegliando l'orchestra; riappare poi verso la fine dell'opera, per concluderla in un modo simile al quale l'ha iniziata, sospeso, paradossalmente senza concluderla affatto.

Q: Progetti per il futuro?
A: Molti, ma per scaramanzia non ne parlerò.
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