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Gennaio Febbraio 2001 - Anno 3 #1


LA FISARMONICA:
ipertrofica o ipotrofica?

Ho letto recentemente un lungo articolo firmato Eugenia Marini dal titolo "Dialogo con una fisarmonica" e, stante l'argomento trattato, vorrei anch'io avere uno stru-mento con il quale dialogare, ma questo mi mette in imbarazzo: l'organo, il pianoforte, il vibrafono, il computer (ormai elencabile tra gli strumenti musicali) o la fisarmonica? Non sapendo a chi dare la precedenza scelgo di non dialogare con nessuno dei miei strumenti (strumenti con i quali oltre tutto è ormai venuta meno la confidenza di un tempo) e scelgo di rivolgermi direttamente a chi avrà la pazienza di leggermi.

Dall'articolo citato e in particolare dal suo titolo, prendo spunto per esporre alcune mie considerazioni riguardanti lo sviluppo della fisarmonica. Tratterò, se pur brevemente, della timbrica, dell'estensione, dell'ergonomia; rimandando ad altre occasioni la trattazione di molti atri problemi di non minore importanza quali repertorio, programmi di studio, standardizzazione della grafica e così via. Questa opportunità mi è particolarmente gradita perché raramente trovo occasioni per incontrare i miei colleghi (o ex colleghi) con i quali scambiare opinioni e discutere pacatamente dei problemi che affliggono la fisarmonica. Tra gli addetti ai lavori esistono ormai guelfi e ghibellini, capuleti e montecchi; tutti arroccati sulle torri della rispettive convinzioni, armati di tutto punto per difendere il proprio feudo, E non essendo io né G né G, né C né M, non posso mai essere ospite tra di loro gradito... Ma tutto va nell'ordine naturale delle cose: se non hai bandiera sei fuori dal branco.

Fisarmonica ipertrofica? La fisarmonica soffre di gigantismo imperversante. Sembra un cocomero: più è grossa e più costa e come il cocomero viene pagata a peso. Considerata l'inarrestabile crescita del suo volume si può asserire che soffre di ipertrofia. Su questa enunciazione si può essere tutti d'accordo. Ma il costante dilatarsi delle dimensioni e il conseguente aumento del peso sono realmente utili? Servono ad incrementare le prestazioni o, viceversa, costituiscono un ostacolo alla sua maneggevolezza limitandone invece le prestazioni? Cercheremo di trovare una risposta. Fisarmonica ipotrofica. Se consideriamo lo strumento quale contenitore di molti organi interni (le ance, i somieri in gergo detti soniere, le valvole, la capacità del mantice, la meccanica e ogni altro componente compresso nello spazio interno forzatamente limitato, possiamo asserire che la fisarmonica soffre di ipotrofia. Già: data per insuperabile una certa volumetria globale dello strumento, per aumentarne le prestazioni rimane una sola via: ridurre le dimensioni degli organi interni.

Vogliamo azzardare una previsione? Eccola: Lo strumento nel suo insieme soffre di ipertrofia mentre gli organi interni soffrono di ipotrofia. Trattandosi di termini medici diciamo che l'ammalato è grave, molto grave. Se non curato in tempi utili potrebbe fare una brutta fine: diventare non più suonabile per le sue enormi dimensioni mentre i suoi organi interni, ridotti ai minimi termini, non saranno più in grado di emettere suono alcuno. In definitiva non avremo più uno strumento musicale chiamato fisarmonica. Forse non si giungerà ad un tale paradosso. Forse qualche tempo prima gli esecutori smetteranno di usare lo strumento nel timore di esserne schiacciati sotto il suo peso dello strumento, i compositori smetteranno di scrivere per uno strumento capace solo di ansimare, i costruttori forse si convinceranno che è tempo di riprogettare la fisarmonica partendo dalla fonte sonora, l'ancia libera, attorno alla quale costruire un sistema efficiente per eseguire musica.

Esaminiamo i sintomi di questa infausta malattia. L'ancia L'ancia libera non è un soggetto facile da trattare. Proprio per non venire meno alla definizione di "libera" l'ancia assume comportamenti imprevedibili ad ogni alitar di vento. E ben sappiamo quanto può variare il "vento" alimentato dalla manovra de mantice. Per trattare esaurientemente dei comportamenti dell'ancia libera occorrono ponderosi volumi e questa non è certo la sede per affrontare l'argomento. Limitiamoci tuttavia a considerare alcuni fattori che ne condizionano il comportamento. Il regolare decrescere dello spessore dell'ancia dalla base (parte fissa) verso la punta favorisce la vibrazione di una maggiore porzione del corpo dell'ancia stessa, il suono risulta più robusto, con uno spettro armonico più ampio. Un'ancia così fatta sopporta meglio le variazioni di pressione dell'aria prodotte dal mantice, riduce le piccole deviazioni di frequenza conseguenti alle suddette variazioni di pressione, mantiene una prontezza piuttosto lineare sia nel forte come nel piano consentendo una buona escursione dinamica. Se viceversa il decremento dello spessore non è regolare si determinano fastidiosi inconvenienti: solo una parte del corpo dell'ancia entra in vibrazione, le variazioni di pressione generano evidenti shifting di frequenza, manca una risposta pronta nel Piano limitando la gamma di intensità necessarie per una esecuzione espressiva.

Ma tutto questo non basta ancora; dimensioni e spessori dell'ancia devono corrispondere a regole ben precise, spesso ignorate dai costruttori costretti ad istallare ance per le note gravi sotto dimensionate ricorrendo a spessori (o riporti di materiali) assolutamente impropri per contenere le dimensioni complessive dello strumento I fori che alimentano le soniere. E' evidente che la necessità di aumentare il numero delle ance per incrementare l'estensione senza superare pesi e dimensioni sopportabili dallo strumento (più precisamente dall'esecutore) impone la riduzione delle dimensioni dei fori e delle nicchie delle soniere. Ne consegue che, a parità di volume d'aria erogata dal mantice si avrà una sensibile variazione della velocità dell'aria che investe l'ancia. Non starò a richiamare le mie vecchie esperienze fatte per conto di una (allora) famosa casa produttrice di fisarmonica, posso però ricordare che volume e pressione dell'aria devono essere accuratamente adattate alle dimensioni e, ovviamente, alla frequenza che l'ancia è chiamata a produrre. Ed è in mancanza di questo bilanciamento che l'ancia si sente "libera". Libera di comportarsi in qualsiasi modo: non è pronta nel Piamo, modifica la frequenza del Forte e così via. E tutto questo accade quando la pressione è insufficiente pur essendo presente aria sufficiente e viceversa. E stiamo parlando di un'ancia ben fatta, in caso contrario il controllo dell'esecuzione diviene veramente problematico: note che non suonano, altre che non sono pronte. altre ancora che pro-ducono frequenze sensibilmente scordate.

Il mantice.
Le dimensioni di un mantice non possono essere liberamente definite. Si potrà realizzare uno strumento un poco più alto o più profondo. ma si tratta in ogni caso di pochi centimetri. Ancor meno spazio di manovra esiste nella definizione del numero delle pieghe nel tentativo di aumentare la capacità di un mantice: il limite è dettato dalla lunghezza del braccio dell'esecutore. Qualche fisarmonicista apre il mantice ruotandolo indietro, qualche altro lo solleva verso l'alto... in qualunque modo si maneggi un mantice la sua capacità non subisce significative variazioni. Va inoltre considerato che il governo del mantice grava sulla mano sinistra e ogni manovra forzata limita la mobilità della mano sinistra che brave pregiudizio per l'esecuzione. Specie su strumenti a bassi sciolti. Bassi liberi per chi così preferisce definirli. Dunque non sono immaginabili sostanziali modifiche del mantice: esso potrà essere ampliato adattandolo alle misure dello strumento, e detrimento della manovrabilità senza alcun altro vantaggio.

L'estensione.
Mi chiedo: perché l'estensione della fisarmonica non basta mai? Perché si arriva ad istallare anche che forse suoneranno una sola volta durante la vita del fisarmonicista che le ha volute? Forse perchè il numero delle note di uno strumento qualifica il musicista o entra a far parte del suo curriculum? Proprio non riesco a farmene una ragione. Per alcuni sarà un fatto maniacale, per altri sarà la necessità di assicurarsi la disponibilità di "quella nota" in "quel bravo" che forse mai avrà l'occasione di eseguire. O forse, per i meno umili, gioca la presunzione di voler trascrivere per fisarmonica tutte le opere organistiche di Back, dimenticando che anche negli organi esistono registri ritornellati nelle ottave acute. Ciascuno avrà certamente i suoi buoni motivi per chiedere una maggiore estensione e io non esigo spiegazioni. Ma forse nessuno tra loro si chiede quali possono essere gli svantaggi derivanti da una estensione troppo ampia per lo strumento. Vediamo alcuni di questi possibili svantaggi. I tasti di una fisarmonica definita "classica" possono coprire in suoni reali un'estensio-ne che sta il DO 65.406 Hz e il DO 2093 Hz. E' praticamente impossibile che il piccolo mantice di una fisarmonica (anche di misura maggiorata) possa alimentare contemporaneamente e adeguatamente posizionate una nell'ottava più grave e l'altra nella più acuta della suddetta estensione.

Può accadere che una delle due (probabilmente l'acuta) non suoni. Si può forzare un poco sul mantice: suonerà anche la nota acuta ma la grave risulterà eccessivamente forte. Ma c'è di peggio: se le due anche sono sole (non raddoppiate in ottave) si crea "intermodulazione" sulla nota acuta. Siccome l'ancia grave richiede molta aria all'interno del mantice si generano delle variazioni di pressione sincrone con la frequenza della nota grave e, conseguentemente, alla nota acuta mancherà ad intermittenza la pressione d'aria utile per suonare. Come risultato si avrà una intermittenza sulla frequenza acuta, un falso e indesiderato effetto di tremolo. L'inconveniente si attenua se altre ance sono contemporaneamente attive su frequenze intermedie ma resta in ogni caso una sonorità complessiva piutto-sto aspra, sabbiosa. Va inoltre tenuto conto che ance posizionate all'estremo di estensioni così ampie richiedono accordature molto frequenti. L'ergonomia. Un ottimo fisarmonicista e buon insegnante mi raccontò di aver ordinato una nuova fisarmonica ad uno stimato costruttore chiedendo una modifica al posizionamento dei ganci ai quali si ancorano le cinghie (in gergo tracolle) per posizionare lo strumento in modo confacente alla propria statura. Il costruttore oppose un netto rifiuto: "Tutti i costruttori (me compreso) hanno sempre posizionato gli attacchi nella posizione divenuta uno standard e lì devono rimanere". Un ottusa rifiuto ad ogni ipotesi possibile innovazione.

Personalmente ritengo che allo stato attuale gioverebbe allo strumento una completa revisione prendendo dai generatori del suono (ance e somieri) per passare al posizionamento di tasti e bottoni, all'inclinazione dei piani tastiera, alla definizione di forma dimensioni e peso dell'intero stru-mento per riconsegnare all'esecutore una macchina per suonare senza orpelli, senza smisurate ambizioni, per ritrovare la timbrica e l'espressività che lo caratterizzano. So benissimo cosa significa attivare una revisione del genere: reperire tecnici capaci, poi individuare e definire l'obiettivo sul quale converge il maggior numero possibile di operatori del settore (insegnati, compositori, esecutori), reperire tecnici idonei, cospicui investimenti e frequenti controlli in corso d'opera. E so altrettanto bene che il momento non è favorevole per attivare un simile progetto, ma senza una completa e autorevole revisione dello strumento quale preludio ad una seria standardizzazione i costruttori continueranno ad essere seviziati da richieste di diversificazioni spesso maniacali, formulate da soggetti che non dispongono di sufficienti conoscenze di organologia incapaci di valutare l'incidenza reale di ciascuna modifica sulle prestazioni complessive di uno strumento. E se si continuerà così si otterrà un incontrollabile aumento dei costi di produzione e un progressivo quanto costante degrado del li-vello qualitativo degli strumenti. Il suono, il timbro, l'espressività, il piacere di suonare e di ascoltare.

Mi è capitato, non una sola volta, di abbandonare la sala a metà concerto, stanco di sentire una fisarmonica sempre Forte, dal timbro aspro, sempre uguale. E mi è capitato, una sola volta in tempi recenti, di rimanere sino al termine del concerto, ascoltando una fisarmonica dai timbri ben caratterizzati e piacevoli, in una esecuzione ricca di atteggiamenti espressivi. Al termine di del concerto ho interpellato l'esecutore per conoscere l'anno di produzione del suo strumento: "L'ho comprato alla fine degli anni sessanta, è stato il mio cavallo di battaglia durante gli studi, ma ne ho anche un'altra praticamente nuova che adopero molto di rado": Se ho gradito il suono di questo vecchio strumento mentre sono più volte fuggito rifiutandomi di ascoltare al-tri di recente produzione, l'ho verificato, forse è perché nel tempo il concetto di "buona fisarmonica" è mutato.E' pur vero che anche il repertorio è cambiato: per suonare brani della letteratura russa nulla funziona meglio di una Bayan, ma fortu-natamente il repertorio di opere per fisarmonica originali o trascritte non finisce qui e lo strumento dovrebbe essere ripensato nell'ottica di una globalizzazione ormai in atto alla quale non potranno sottrarsi ne la musica ne gli strumenti per la sua esecu-zione.

Conclusione.
Nel mondo della fisarmonica si tende al "macro", si vuole una estensione mal sopportata dalle dimensioni dello strumento, si rinuncia alle sue peculiari caratteristiche timbriche ed espressive privilegiando scelte ambiziose che nulla di artistico aggiungono alle prestazioni dello strumento. In conclusione mi sembra giunto il momento per una completa revisione dell'idea stessa di fisarmonica. E' indispensabile individuare e accettare il giusto punto di equilibrio tra prestazioni e dimensioni, tra esten-sione e timbrica, tra suonabilità e possibilità espressive salvando la trasportabilità. Saranno disposti a farlo i costruttori, i fisarmonicisti (guelfi o ghibellini che siano) rinunciando a qualche loro dogma in favore di una soluzione studiata, ponderata e sperimentata che ci riconsegni questo strumento tecnicamente aggiornato, senza or-pelli, degno dell'appellativo di "classica" che ancora oggi molti ritengono usurpato?

G.F.Fugazza



INTERVISTA CON PAOLO GANDOLFI
a cura di Paolo Picchio

Paolo Gandolfi da 35 anni è il Direttore dell'Istituto Musicale di Castelnovo ne' Monti (Reggio Emilia); all'inizio è stato un pioniere e fondatore di questa scuola che è attiva in un comprensorio di 8 - 9 comuni. Questo Istituto ha vissuto dal 1974 al 1979 una esperienza in fase sperimentale di collegamento con l'Istituto "Peri" di Reggio Emilia diretto da Armando Gentilucci, e poi ha avuto una autonomia e una sua pianta organica che lo ha portato oggi ad ottenere il pareggiamento. Gandolfi è da sempre fisarmonicista ed ha sempre speso grandi energie in attività a sostegno del nostro strumento.

Che cosa significa il "pareggiamento" dell'Istituto e quali possibili prospettive per la fisarmonica? Sicuramente una ricompensa a tanti sacrifici a tanti anni di lavoro, un riconoscimento anche alla scelta ed alla volontà degli amministratori di questo comprensorio di circa 35.000 abitanti. La scuola ha cercato negli anni una distinzione tra le attività formative di base (con un attivissimo laboratorio pedagogico) e quelle più specificamente professionali, e si può dire che questa linea sia oggi stata premiata con questo premio. All'epoca della collaborazione con Gentilucci ero direttore della scuola e insegnante di Teoria e Solfeggio, e anche insegnante di fisarmonica, ma allora non era facile fare attività con il nostro strumento dato che non erano ancora arrivati il riconoscimento come corso per i Conservatori e la grande fioritura di composizioni originali di validissimi compositori. Ho cercato di smuovere le acque con due Convegni Internazionali, il primo del 1989 con Gentilucci e Kurtag in cui si parlò della fisarmonica e il secondo nel 1994 dove quattro lavori (sugli undici complessivi commissionati) hanno visto l'inserimento della fisarmonica in organico.

Oggi è sotto gli occhi di tutti l'interesse che la fisarmonica desta - con le sue qualità foniche e timbriche - nei compositori di tutti i paesi. È superfluo dire che mi adopererò per quanto possibile al fine di ottenere quanto prima l'apertura della Cattedra di fisarmonica presso il mio Istituto. Ed ora, sempre per promuovere la fisarmonica, sei già al lavoro da mesi per questo grande appuntamento in maggio; parlacene un poco. L'idea stava maturando già da tempo e ho pensato fin dal principio di muovermi in due direzioni. La prima è quella di porre in evidenza alcuni aspetti per così dire "etnici" o comunque legati ad una matrice popolare del nostro strumento anche per far conoscere queste realtà musicali alle giovani generazioni. All'origine di questo approfondimento vi sono sicuramente le mie esperienze di viaggi e concerti che ho fatto in sud-America e in America del nord, i miei viaggi in centro Europa e i miei sei anni di residenza a Parigi. L'altra è quella della "nuova fisarmonica" nell'area colta ovvero della nuova letteratura per bassi sciolti che si sta producendo attualmente con questa nuova generazione di concertisti. Si parla anche di una importante tavola rotonda. Certamente, vi sarà un importante momento di dibattito che sarà condotto da Guido Salvetti, Direttore del Conservatorio di Milano e che vedrà come protagonisti i Docenti delle Classi di Fisarmonica dei Conservatori, più il sottoscritto a rappresentare l'attività dell'Istituto di Castelnovo ne'Monti a confronto con un nutrito numero di compositori. Vi sarà l'esecuzione di alcuni nuovi lavori da parte di alcuni docenti ed allievi dei Conservatori (in particolare di musica da camera con fisarmonica e altri strumenti) commissionati per questa occasione. Il momento più importante sarà appunto questo, quello che scaturirà a seguito di questi ascolti e che si potrà dire "del confronto-incontro". Siamo nel duemila.

Ora una domanda che fanno tutti: come sarà il prossimo millennio della fisarmonica? che cosa ti dice la tua esperienza, che cosa ci dobbiamo aspettare? È una domanda molto difficile. Io sono molto fiducioso ma vedo una grossa carenza nel nostro ambiente. Per affrontare il futuro sarà indispensabile il confronto e l'apertura sia dal punto di vista didattico, del repertorio che della cultura musicale in genere. Questo sia nell'ambito della musica colta che nell'area oggi detta extra-colta - che nel mondo della fisarmonica viene chiamata "varieté". Serve una apertura nuova e la ricerca del confronto. Questo deve essere visto in direzione di un investimento fatto in direzione di uno sbocco professionale futuro. Quindi, si può dire che nell'ambito delle tue attività, ti senti fortemente responsabilizzato dal fatto che sui giovani di oggi grava il problema di far diventare e trasformare il bagaglio delle loro conoscenze, il loro tanto studio ed i tanti sacrifici in un vero e proprio lavoro concreto. Si direi che il punto focale sia proprio questo. Sotto questo punto di vista in Italia c'è veramente molto da fare.
In appendice all'intervista alleghiamo il programma completo del Festival "Fisarmonica 2000" organizzato dal M° Paolo Gandolfi a Reggio Emilia, Castelnovo ne' Monti e dintorni dal 10 al 14 maggio prossimi.

CONCERTI
Mercoledì 10 maggio - ore 21 - Parco Tegge di FELINA - Osvaldinho do Acordeon e percussioni originali di Bahia (Brasile) musica tradizionale sudamericana. Giovedì 11 maggio - ore 21 - Teatro "Ariosto" di REGGIO EMILIA - Frank Marocco (Usa) e Richard Galliano (Francia) fisarmonica solista jazz. Venerdì 12 maggio - ore 21 - Teatro "Ariosto" di REGGIO EMILIA - Osvaldinho do Acordeon e percussioni originali di Bahia (Brasile) musica tradizionale sudamericana. Sabato 13 maggio - ore 21 - Teatro "Cavallerizza" di REGGIO EMILIA - Stefan Hussong (Germania) trascrizioni e musiche originali per fisarmonica solista. Domenica 14 maggio - ore 11 - Sala degli specchi del Teatro Municipale di REGGIO EMILIA - Mario Brunello e Ivano Battiston (violoncello e fisarmonica - Italia) Bach, Piazzolla, Marais e Gubaidulina. Domenica 14 maggio - ore 21 - Sala dei Concerti dell'Istituto "Merulo" di CASTELNOVO NE' MONTI - Frank Marocco (Usa) fisarmonica solista jazz.

INCONTRI DI STUDIO
Sabato 13 maggio - ore 11 - Sala degli specchi del Teatro Municipale di REGGIO EMILIA - "Conquiste, problemi e prospettive della didattica fisarmonicistica" - Relatrice Prof.ssa Patrizia Angeloni. Sabato 13 maggio - ore 15.30 - Sala degli specchi del Teatro Municipale di REGGIO EMILIA - "Letteratura contemporanea a confronto" - Esecuzione dei seguenti brani di musica contemporanea appositamente preparati per questo appuntamento: ·
"Sincrono" di Stefano Bonilauri (eseguito da Mirko Ferrarini alla fisarmonica e Lorenza Manfredi al clarinetto) ·
"La posta in gioco?" di Riccardo Riccardi (eseguito da Roberto Caberlotto alla fisarmonica e Andrea Pellizzari al violoncello) ·
"Vasti" di Raffaele Minella (eseguito da Ferdinando Muttillo alla fisarmonica) · "Secondo Diario di Viaggio" di Giorgio Colombo Taccani (eseguito da Antonio Mollicone alla fisarmonica e Valentina Bardi al sassofono) ·
"Nienti" di Damiano Visentin (eseguito dallo stesso Damiano Visentin alla fisarmonica e Francesca Zanatta soprano)
A seguire la tavola rotonda sul tema "Letteratura musicale. Nuove tecniche esecutive e prospettive didattiche" coordinata dal Musicologo Dott. Guido Salvetti, Direttore del Conservatorio "Verdi" di Milano. All'interno della tavola rotonda alla quale prenderà parte anche il M° Davide Anzaghi (Docente di Composizione al Conservatorio "Verdi" di Milano) è prevista anche l'esecuzione da parte di Dario Flammini del brano "D'ance", composizione per fisarmonica solista scritta dal M° Davide Anzaghi su commissione del Premio Internazionale "Città di Castelfidardo".

Paolo Picchio


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